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Biogas, un’opportunità tutta italiana. L’impresa agricola verso la “biogas refinery”

settembre 30, 2014 Politiche

Biogas sì, biogas no. A poche ore dalla notizia del dissequestro accolto dal Tribunale del Riesame di Ancona nei confronti della società del gruppo Viridis Energia e del pasticcio del decreto legge di conversione del Dl 91 (che causerebbe il sequestro di 108 impianti della penisola costruiti negli ultimi tre anni e costerebbe al Governo Renzi oltre un miliardo e mezzo di euro di risarcimento), un impeto di orgoglio si leva dal Consorzio Italiano Biogas (CIB).

“E’ un’opportunità per l’Italia”. E’ il sottosegretario del Mipaaf con delega sulle agroenergie e biocarburanti, Giuseppe Castiglione, a dirlo parlando nel corso del Biogas Master, promosso dal CIB ieri a Museo della Scienza di Milano.

Bioeconomia, quindi, come risposta alla crisi. Il piano di settore delle agroenergie, recentemente presentato, dimostra l’intenzione di considerare centrale l’azienda agricola per sviluppare energia rinnovabile e sostenibilità ambientale.

Una manciata di dati per farsi un’idea: l’Italia è il terzo produttore di biogas al mondo dopo Germania e Cina, 3 miliardi di investimenti negli ultimi 4 anni da parte di 1.000 imprese agricole italiane che hanno creato un indotto da 20 mila nuovi lavoratori. Un potenziale di produzione che  può coprire il 10% del fabbisogno energetico e unica fonte di biocarburanti Made in Italy che potrebbe evitare al Paese l’importazione di carburanti alternativi esteri (1,6 miliardi attualmente) rispettando gli obiettivi imposti dall’Europa al 2020. Un punto di partenza: il decreto, approvato a dicembre che autorizza l’uso del biometano. E un obiettivo: le norme tecniche. “Un’urgenza”, sentenziano dal Consorzio.

Il biogas è la fonte di energia rinnovabile con le maggiori ricadute economiche e occupazionali per il Paese. Negli ultimi 5 anni il numero di impianti è cresciuto del 490%, mentre la potenza installata è aumentata del 267,4%. L’energia elettrica prodotta nel 2013 è stata di 7,5 mila Gwh, il 10,45 per cento del totale FER. Il valore aggiunto nel solo 2013 ammonta a 347,5 milioni di euro con 2.695 occupati diretti. Nonostante una crescita più lenta (nel 2013 +3%) a seguito dell’introduzione del nuovo sistema incentivante del decreto ministeriale del 6 luglio 2012, il potenziale del biogas al 2030, secondo Althesys, corrisponde a 7,3 miliardi di euro per una potenza installata di 2300 Mwh, il doppio di quella attuale (su circa 1200 impianti a biogas agricolo).

“Il biogas agricolo – spiega Piero Gattoni, presidente del CIB – si basa su una forte sinergia tra il settore agricolo e quello industriale, rappresentato da operatori prevalentemente italiani. L’impresa agricola assumerà il ruolo di una biogas refinery: attraverso i principi del biogas “fatto bene”, l’imprenditore agricolo sarà in grado di produrre energia elettrica, termica, biocarburanti, bio plastiche e fertilizzanti, valorizzando i reflui e gli scarti d’agricoltura. Chiediamo, però, che il Governo chiuda al più presto i nodi irrisolti che riguardano il settore: l’approvazione delle norme tecniche sul biometano, la classificazione unica sul digestato e una stabilizzazione del sistema fiscale per il settore“.

“Il Mipaaf – risponde il sottosegretario Castiglione – lavorerà per concludere gli iter normativi di alcuni punti determinanti per lo sviluppo della produzione di biometano. E sta già lavorando per regolamentare l’uso agronomico del digestato, una grande risorsa per l’agricoltura organica, e stabilizzare l’attuale sistema di fiscalità applicata alle aziende produttrici di biogas”.

Francesca Fradelloni

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