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Sistema bici: le buone pratiche europee partono da parcheggi intermodali e “bike highways”

settembre 18, 2014 Internazionali, Politiche

Perché l’uso della bicicletta diventi una realtà quotidiana non sono sufficienti le piste ciclabili, ma bisogna “fare sistema” e mettere gli utenti nelle condizioni di spostarsi con comodità, facilità e velocità.

L’Italia fa ancora un po’ fatica, sia a livello di trasporto urbano – dove i servizi di bike sharing sono spesso deboli, le rastrelliere nei punti di maggiore accesso non sono sempre previste e si litiga ancora con gli amministratori di condominio per “vincere” un parcheggio biciclette in cortile – sia nel settore turistico. “Ci sono molti bei posti visitabili in bicicletta – commenta Giuseppe Piras, Presidente di Bike Pride Fiab Torino- ma è importante che siano accessibili sulle due ruote, che le strutture di accoglienza prevedano ospitalità all’interno per il mezzo, che sia organizzata una rete di servizi attorno alla pista, altrimenti perdono completamente il loro senso.

E pensare che non è neanche una questione di meteo: perché i nostri cugini nordeuropei fanno scuola con progetti innovativi e servizi di qualità a favore di una mobilità leggera e sostenibile, nonostante un numero di giorni di pioggia e maltempo nettamente superiore ai nostri. Aspettando di scendere in piazza per il Bike Pride 2014 di Torino (domenica 21 settembre alle ore 15 con partenza dal Parco del Valentino), Greenews.info, media partner della manifestazione, ha fatto una carrellata delle iniziative più smart. Vediamola, a partire da quello che una volta era un problema solo degli automobilisti, ma che ora si sta rivelando difficoltoso anche per i ciclisti: il parcheggio.

Per far fronte ad una domanda in continua crescita, sono diverse le amministrazioni europee che stanno attrezzando le città con parcheggi al chiuso, custoditi e con servizi di ciclofficina a prezzi simbolici. Nel mese di dicembre dello scorso anno, in occasione del “Convegno Intermodalità in Adriatico” (organizzato in Puglia nell’ambito dei progetti di cooperazione transfrontaliera INTERMODAL e ADRIMOB), sono stati presentati alcuni casi di Velostazioni smart, tra le quali quella di Winterthur (Canton Zurigo), una cittadina industriale di 100 mila abitanti. Qui, racconta Benedikt Arnold, Responsabile delle Velostazioni, sono stati realizzati “parcheggi per biciclette dall’architettura accattivante e dal colore rosso Ferrari, che hanno la funzione di proteggere le bici dai ladri, dagli atti vandalici e dalle intemperie”. Sono collocate a meno di due minuti dalle stazioni o dai centri di intermodalità e oltre a custodire le biciclette (l’accesso può essere automatizzato o controllato dal personale), i centri offrono servizi come ciclofficina, riparazione, lavaggio, noleggio, fitto armadietto, a fronte di un costo esiguo che garantisce un minimo di ritorno economico per le casse pubbliche e sostiene l’occupazione (nelle strutture di Winthetur lavorano circa 20 ex disoccupati).

Altri parcheggi intelligenti arrivano dall’Olanda, dove sono dotati di tabelloni segnaletici che consentono di verificare la disponibilità di posti nelle aree di sosta più comode, utili soprattutto nei grandi nodi di interscambio, come la stazione Utrecht o quella di Zumpthen. Qui il gestore della rete (Prorail) monitora costantemente gli stalli, tanto da rimuovere le biciclette che sostano troppo a lungo o che paiono abbandonate, che vengono portate in depositi più lontani. Questo per ottimizzare lo spazio, visto che parliamo di oltre 300 mila abitanti e 30 mila studenti universitari a Utrecht e 50 mila abitanti nel comune al confine con la Germania.

Altro modello di parcheggio organizzato per biciclette prende il nome di Radhaus, realizzato da Designa nella città di Bamberga, in Baviera. Il parcheggio ha occupato la vecchia rimessa per locomotive della stazione, dichiarato monumento storico, e vanta 330 posti, sicuri, comodi e direttamente collegati ai binari ferroviari. Completamente automatico, all’ingresso un tappetino sensibile alla pressione rileva il passaggio della bicicletta, emette il biglietto e apre il tornante. Il pagamento di 50 centesimi al giorno (abbonamento annuale a 70 euro) si effettua alle casse automatiche a qualunque ora.

I ciclisti vengono spesso accusati di rallentare il traffico e così, per evitare ogni inutile polemica ed evitare la congestione delle strade, alcuni paesi come Danimarca, Germania e Regno Unito hanno pensato a delle autostrade per le biciclette.
È stata inaugurata nell’aprile 2012 la prima Bike Highway che collega Copenaghen con la periferia, con la volontà di incrementare l’uso della bici in un paese in cui già la metà dei residenti la usa per spostarsi, e da subito, visto il successo, sono stati previsti ampliamenti di rete e di servizi. Per realizzarla Copenhagen e le 21 circoscrizioni locali si sono accordate per garantire il collegamento e l’armonizzazione delle autostrade fino alla città di Albertslund, a 20 km dalla capitale, lungo un percorso il più diretto e facile possibile. Sono 29 i tratti autostradali per le due ruote, che hanno un percorso autonomo rispetto alle automobili, due corsie, sono rettilinee e vantano tutti i comfort possibili: d’inverno vengono pulite da neve e ghiaccio, ogni  1,5 km sono presenti stazioni di servizio per la manutenzione delle biciclette e ci sono semafori che cercano di regolare lo scorrimento agli incroci. E così, appena a un anno di vita della superstrada, la ciclabilità vantava una ulteriore crescita del 10% e la Danimarca un risparmio in spese sanitarie valutate in 40 milioni di euro.

Sul modello di questo progetto è pensato quello tedesco: la Radler B-1 collegherà le città di Dortmund e Duisburg nella regione della Ruhr. Si tratta di 60 km circa, prevalentemente in pianura, e sorgerà parallela all’autostrada delle automobili, soprannominata “Autostrada delle lumacheper la lentezza dei veicoli nelle ore di punta. Doppia carreggiata per una larghezza di 5 m, superficie in asfalto, con un sistema di illuminazione per i viaggi in notturna: “Se vogliamo convincere molti automobilisti a passare alle due ruote, dobbiamo offrire collegamenti con alte prestazioni – dichiara l’esperto di mobilità di Dortmund Winfried Sagolla – Ci si aspetta fino a due milioni di utenti potenziali grazie anche alla crescente sensibilità dei tedeschi alla bicicletta e l’aumento considerevole di biciclette elettriche che aiutano i ciclisti con la pedalata assistita permettendo loro di compiere anche lunghi tragitti in sella”.

Ma la bicicletta, non dimentichiamolo, è anche un mezzo di divertimento, che può essere incluso nelle offerte culturali e di intrattenimento delle smart city. Per esempio a Londra (dove il sindaco Boris Johnson, conservatore rieletto nel 2012, ha redatto un piano di investimento da un miliardo di euro a favore della bici!) la birra si beve pedalando, e sono molti i pub bike friendly, che offrono una bevuta con negozio e officina. Al CycleLab & JuiceBar o al Lock 7 ti riparano la bici mentre bevi un succo di frutta o assaggi un dolce di pasticceria, al Rapha Cycle Club puoi anche guardare le corse ciclistiche e poi c’è il Beer bike, promosso dal Pedibus, un bancone itinerante da una decina di posti.

Si beve in sella anche a Zurigo, e sul lungofiume del Limmat il Rathaus Cafè ha installato delle rastrelliere- bancone, dove si infila la bici e ci si mette comodi per leggere un giornale e bere un caffè.

E se a Berlino ogni anno, in primavera, si aprono le candidature per diventare un autista di Velotaxi, i giovani di Copenaghen postano le loro foto più trendy in bicicletta sul sito www.copenhagencyclechic.com, già vincitore di diversi premi e conosciuto dai più e meno appassionati.

Ancora, la capitale danese vanta un grande centro culturale della bicicletta, il Bike Innovation Lab, con laboratori, spazi per conferenze e libreria specializzata e guarda caso proprio qui è nato il primo hotel che sfrutta i propri clienti (d’affari) per produrre energia! È l’Hotel di lusso Crowne Plaza Towers che ha unito prestigio e sostenibilità con l’installazione di cyclette nella terrazza coperta in grado di produrre, a una velocità media di 30 chilometri orari, circa 100 Wh di energia elettrica in un arco di tempo di 60 minuti. E se l’ospite produce almeno 10 Wh di energia vince un pasto da 200 corone. L’energia prodotta dai pedali si unisce a quella dei pannelli solari e se l’accoppiata sarà vincente, sia in termini ambientali che economici, il progetto verrà esportato a tutti gli hotel della catena.

Sullo stesso principio si basa la proposta di Technogym, azienda italiana leader mondiale nella realizzazione di attrezzature per il fitness, che tenta di rendere la palestra autosufficente dal punto di vista energetico. L’energia prodotta dalle cyclette convoglia in una rete e contribuisce al fabbisogno elettrico della struttura. “Si stima – si legge sul sito dell’azienda emiliana – che ogni attrezzo, quando in movimento, sia in grado di produrre sufficiente energia per alimentare una lampada a basso consumo (20W); ciò significa che una palestra media, che dispone di 40 attrezzi, nell’ora di punta in cui sono tutti funzionanti risulta autosufficiente”. Al mondo si contano 110.000 palestre, dotate di circa 1 milione e 500 mila attrezzature cardiovascolari potenzialmente utilizzabili per produrre energia; se il Technogym Green Concept venisse applicato a tutte queste attrezzature, il settore Wellness produrrebbe sufficiente energia per alimentare 15.000 abitazioni, vale a dire una città di 50.000 abitanti. Dati significativi anche in riferimento al risparmio di energia prodotta coi metodi convenzionali (combustibili fossili) visto che la produzione di energia da palestre “eviterebbe l’emissione di un quantitativo di C02 pari a quello prodotto da un’auto di media cilindrata che percorre 10.000 volte il giro del mondo”.

Infine da Parigi arriva, in tempi di crisi, un’idea già testata con successo negli Stati Uniti: ai dipendenti che scelgano di recarsi in ufficio con la propria bicicletta, alcune aziende che hanno aderito ad un progetto governativo, garantiscono un aumento in busta paga tra 0,21 e 0,25 centesimi di euro per ogni km percorso. Una semplice autocertificazione giurata consentirà di ottenere il rimborso, che verrà pagato direttamente dal datore di lavoro esente da tasse e imposte. Qualcosa di simile lo aveva fatto, del resto, già a fine 2013, la Fater di Pescara, un’azienda che produce pannolini e assorbenti e che ha proposto ai propri dipendenti un contributo a fondo perduto pari al 70% del costo di una bici a pedalata assistita. L’incentivo ha convinto 250 operai su 1.000, che ora si spostano da casa al lavoro su due ruote risparmiando in media 50 euro al mese di carburante.

Alfonsa Sabatino

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