Malaria: non è ancora sconfitta, ma la ricerca continua
La malaria, secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, continua ad uccidere oltre mezzo milione di persone l’anno. La storia intrecciata millenaria tra l’evoluzione del P. falciparum e quella dell’uomo rivela come l’uomo e i parassiti della malaria abbiano una relazione basata su dinamiche genetiche; a turno, ognuno sviluppa mutazioni per avere la meglio sull’altro. Olivo Miotto è il bioinformatico dell’università di Oxford a capo della ricerca pubblicata l’anno scorso su Nature Genetics che ha identificato in Cambogia nuovi ceppi di parassiti della malaria resistenti all’artemisinina, il farmaco al momento più valido e diffuso nella lotta a questo patogeno letale. Miotto ha inoltre contribuito a un altro studio scientifico sulla mutazione nel gene kelch, rivelandone la responsabilità nella resistenza al farmaco. Questi studi scientifici hanno dimostrato che le continue mutazioni genetiche dei parassiti sono il motivo per cui la malaria rimane nella top ten delle minacce principali alla salute della popolazione mondiale e continua a rappresentare un dilemma per la comunità scientifica internazionale.
D) L’essere umano ha lottato contro la malaria per secoli e un rimedio definitivo non e’ ancora stato trovato. Cosa rende questa malattia così difficile da debellare?
R) L’obiettivo degli interventi di salute pubblica è sempre stato quello di eliminare i parassiti della malaria usando farmaci diversi che agiscono su fronti diversi. L’artemisinina funziona ancora, ma in alcuni casi i parassiti ci mettono di più a morire quando vengono esposti al farmaco. L’effetto ritardato della cura lascia dei superstiti, i quali sono parassiti resistenti che, riproducendosi, diffondono questa resistenza. L’artemisinina viene quindi attualmente somministrata insieme a un altro farmaco che ha la funzione di eliminare i superstiti, ma si teme che questa combinazione di farmaci non funzioni nello stesso modo se somministrata per un periodo di cura più lungo e che, invece di debellare il parassita, possa favorire lo sviluppo della resistenza.
D) Cosa spiega la diffusione di questa mutazione proprio in Cambogia?
R) Le popolazioni di parassiti che presentano questa mutazione prolificano in zone della Cambogia dove, per via di eventi storici e politiche di salute pubblica, l’artemisinina è stata introdotta prima che in altre regioni e quindi i parassiti sono stati esposti più a lungo al farmaco che altrove. Paradossalmente, la diffusione della resistenza al farmaco è probabilmente dovuta al fatto che in Cambogia ci sia minore incidenza della malaria e che quindi le popolazioni di parassiti siano più piccole e presentino minore variazione genetica. La Cambogia occidentale è un ambiente particolarmente vulnerabile alla diffusione della resistenza all’artemisinina; le popolazioni di parassiti P. falciparum non sono numerose e presentano endogamia diffusa, sono fortemente esposte alla pressione del farmaco e non sono ancora state debellate. In Africa, invece, le popolazioni più numerose, i contagi sono più frequenti e il tasso di mortalità è decisamente più alto; ci si ammala di malaria più spesso, ma le popolazioni di parassiti sono più diversificate. I decessi causati dalla malaria in Africa sono in parte dovuti alla mancanza di risorse, di infrastrutture e di informazione, piuttosto che all’inefficacia degli antimalarici.
D) Qual è l’impatto della globalizzazione sulla diffusione della malaria?
R) E’ difficile quantificare. Una delle conseguenze della globalizzazione è che i parassiti possono potenzialmente muoversi molto più rapidamente per via degli spostamenti maggiori e sempre più rapidi degli esseri umani. Tuttavia, perchè avvenga l’infezione i parassiti della malaria devono adattarsi alle specie di zanzare locali e a una serie di altri fattori relativi al portatore, per cui non si sa se il rapido movimento di un basso numero di individui possa essere un fattore determinante sull’epidemiologia dei parassiti. Attualmente grazie all’analisi del DNA siamo in grado di distinguere chiaramente se un parassita proviene dalla Thailandia o dalla Cambogia, per esempio. Siamo agli albori di studi genetici approfonditi sui pattern migratori dei parassiti e c’è ancora molto da scoprire.
D) Esiste la possibilità che la resistenza all’artemisinina sia già sviluppata o si possa sviluppare in altre regioni?
R) Finora le mutazioni in questo gene sono state riscontrate solo in parassiti che sono stati esposti all’artemisinina. Le mutazioni relative alla resistenza al farmaco per ora non avvengono naturalmente. Questo potrebbe significare che ciò che permette a questi parassiti di sopravvivere si riveli un handicap una volta eliminata la pressione farmacologica. E’ anche possibile che queste mutazioni si verifichino solo in condizioni ambientali specifiche o in parassiti che presentano un particolare profilo genetico. Se questo fosse vero, la resistenza all’artemisinina non si dovrebbe diffondere rapidamente in zone dove le popolazioni di parassiti sono più numerose e più diversificate, ma ovviamente preferiamo non verificare questa teoria. Le ricerche sono attualmente limitate ad alcune zone geografiche, ma sicuramente maggiori risorse ed apertura a ricerche che ci aiutino ad approfondire le nostre conoscenze sulla diversitàgenetica del Plasmodium in altre regioni colpite dalla malattia porterebbero alla luce risultati importanti per la comunità scientifica internazionale e potrebbero salvare molte vite.
Marcella Segre