Aiat, ingegneri al servizio dell’ambiente
Sono gli ingegneri che si occupano di bonifiche, impatto delle infrastrutture sull’ambiente, pianificazione del territorio. In due parole, ingegneri ambientali. Questa figura in Italia esiste da oltre dieci anni, ma fatica ancora ad affermarsi e si vede spesso sorpassare da ingegneri edili o chimici. Profili professionali però molto diversi, perché privi di competenze specifiche in campo ambientale. In prima linea nell’opera di valorizzazione di questi esperti del paesaggio (ma chiamarli così forse è riduttivo) c’è l’Aiat, l’Associazione degli ingegneri ambientali, nata a sostegno della categoria ma oggi attiva anche con progetti di formazione e divulgazione. «L’associazione – spiega il presidente Emanuele Regalini – è stata fondata nel 1999 da un gruppo di laureati del Politecnico di Milano, con l’idea di far conoscere ad aziende ed enti pubblici la nostra figura professionale, fino ad allora poco nota sul mercato del lavoro. Pian piano ha esteso le sue attività e si è diffusa in tutta Italia».
All’origine della scarsa conoscenza del profilo dell’ingegnere ambientale, spiega Regalini, c’è «un problema comunicativo. Le università non hanno accompagnato l’istituzione del corso di laurea con un’attività divulgativa. Criticità che all’estero non ci sono, visto che queste figure funzionano da tempo». Oggi le cose sono un po’ migliorate: «Per fortuna ci sono aziende che ormai assumono solo ingegneri ambientali» e con lo sviluppo della green economy «è aumentata la domanda di profili di questo tipo: basti pensare che nel 2010 abbiamo diffuso tramite la mailing list per i nostri associati 430 offerte di lavoro, di cui il 40% all’estero. Non male per la situazione economica in cui ci troviamo». Rimangono però alcuni nodi critici, a partire dalla scarsa gratificazione economica. «Si fa un gran parlare di green jobs, ma quello che effettivamente succede è che gli ingegneri ambientali hanno un trattamento non proprio allettante in termini di posizioni salariali e livello di qualifica». Spesso, si vedono passare avanti figure con meno competenze. «In Italia la possibilità di fare carriera viene riservata ad altre figure, mentre i nostri colleghi che sono andati all’estero hanno avuto incarichi di responsabilità. E poi, nell’ambito della green economy, purtroppo non ci viene riconosciuta con uno stipendio adeguato la visione più ampia a livello ambientale», sottolinea Regalini.
La strada da fare per una completa affermazione di questi nuovi profili è ancora lunga, e tra le criticità ci sono anche le differenze tra Nord e Sud Italia. «In generale, al Nord c’è più consapevolezza, mentre al Sud si sono verificati alcuni casi eclatanti di concorsi presso enti pubblici in cui venivano ignorati gli ingegneri ambientali. Nell’ultimo caso che si è verificato sono stati ammessi con riserva e uno di loro ha vinto, ma alla fine non è stato assunto». Paradossi nel panorama di un’Italia che tanto bisogno avrebbe, per la tutela del suo paesaggio, di queste competenze. Lo si vede anche dagli ultimi avvenimenti: i fiumi di fango in Liguria, la terra che frana, che crolla, che cede sotto i piedi: «L’ingegnere ambientale non guarda solo l’opera in sé, ma valuta come questa si inserisce nel territorio. Fino ad adesso si sono usati spesso progetti fotocopia: ma se un progetto ha funzionato una volta, non è detto che valga per sempre».
Oltre alla newsletter e ai corsi di formazione per gli associati, Aiat collabora anche con le aziende e organizza iniziative destinate a cittadini e enti pubblici. «Le imprese ci chiamano per formare il personale o per organizzare insieme a loro eventi e convegni che approfondiscano determinate tematiche ambientali». Forte anche l’impegno in progetti per l’educazione ambientale e lo sviluppo sostenibile. L’ultimo è “GRU - Una Politica Integrata per la Gestione e la Riduzione dei Rifiuti in Ambito Universitario“, che prevede una serie di iniziative (tra cui, per esempio, l’erogazione di prodotti alla spina) con l’obiettivo di ridurre i rifiuti e promuovere la raccolta differenziata e il riciclo nelle università. L’iniziativa partirà probabilmente nel 2012 e coinvolgerà inizialmente l’ateneo di Napoli Federico II, quello di Catania, e il Politecnico di Milano, ma «potrà essere estesa in futuro ad altre università». Dal 2004 al 2006 l’Aiat si è invece impegnata nel progetto “Piccoli risparmiatori di…energia!”, per il risparmio energetico negli edifici scolastici. Il progetto, finanziato dalla fondazione Cariplo, ha coinvolto 12 istituti scolastici delle provincie di Milano e Lodi. «Gli interventi riguardarono solo l’educazione dei bambini, ma già modificando i comportamenti abbiamo ottenuto dei risparmi energetici». A volte, per i cambiamenti, basta un occhio esperto e poco di più.
Veronica Ulivieri