Geremia Gios e l’inversione dell’onere della prova: “Dimostrami che non inquini”
Chi inquina paga. L’indicativo presente è, nella sua immediatezza, il modo della realtà, ma solitamente indica solo un principio, tra l’altro quasi sempre disatteso. Eppure, se si vuole, si può dargli concretezza. Come avviene da alcune settimane a Vallarsa, piccolo comune trentino vicino a Rovereto, dove a marzo scorso è stato approvato un regolamento comunale rivoluzionario. Il testo prevede che le aziende agricole che non adottano metodi biologici debbano dimostrare di non utilizzare prodotti dannosi per l’ambiente. Una misura di portata storica, che inverte l’onere della prova: secondo la normativa europea e nazionale, infatti, le aziende biologiche, che attuano pratiche agricole più sostenibili, devono certificarsi – con conseguenti costi aggiuntivi – mentre le fattorie convenzionali possono usare qualunque tipo di prodotto inquinante, senza alcuna richiesta di trasparenza nei confronti della collettività, che poi risentirà degli effetti negativi dell’uso di pesticidi e concimi chimici. Quantificabili, in termini economici, in una cifra astronomica: secondo ECBA Project, le esternalità ambientali negative di agricoltura, silvicoltura e pesca valgono 10,9 miliardi di dollari.
A Vallarsa, che si trova vicino anche ad aree comprese nella rete europea Natura 2000, il sindaco Geremia Gios, preside della Facoltà di Economia dell’Università di Trento, ha invertito la rotta, con un regolamento che detta regole precise per le attività agricole e zootecniche. L’agricoltore convenzionale deve certificare le sostanze che utilizza, in quali quantità e con quali modalità, garantendone l’assenza di diffusione al di fuori dei propri terreni. Certificazione non significa, si badi bene, autocertificazione: come si legge nel regolamento comunale, i prodotti chimici usati dovranno essere certificati “da organismi scientifici e/o tecnici di livello nazionale o internazionale”, oppure dovranno essere “conformi alle disposizioni e modalità esecutive indicate da Enti pubblici sovracomunali e/o organismi tecnici di comprovata esperienza sulla base di indicazioni di organismi scientifici di adeguato livello”. In mancanza di una certificazione, l’agricoltore dovrà sottoscrivere una fideiussione “a favore del Comune di Vallarsa, quale garante di tutta la popolazione e delle generazioni future” o un’assicurazione per il rischio di eventuali danni a terzi che potrebbero derivare dall’immissione nell’ambiente di sostanze tossiche che lui stesso utilizza. In particolare, quest’ultima dovrà essere una “polizza assicurativa per responsabilità civile dell’assicurato per il risarcimento di spese e danni cagionati a terzi in conseguenza dell’inquinamento causato dall’attività di coltivazione e/o allevamento dichiarata e svolta nello stabilimento. La polizza assicurativa deve coprire un periodo di almeno dieci anni a partire dall’anno in cui avviene la coltivazione o l’allevamento per le coltivazioni standard e venti anni per coltivazioni ed allevamenti con utilizzo di OGM”. Una commissione comunale controlla quanto dichiarato dalle aziende e in caso di inadempienza scatta la sanzione amministrativa di 152 euro al mese per ogni ettaro”.
Oggi nel comune di Vallarsa “ci sono una ventina di aziende agricole a tempo pieno, più altre 60-70 part time. Le attività principali sono la coltivazione di viti, frutta, erbe medicinali e l’allevamento di bovini e capre. Oggi tutte le aziende sono a posto, eccetto una che è stata multata”, spiega il sindaco.
Oltre all’idea che chi inquina – e mette quindi un’ipoteca neanche tanto simbolica sul futuro della collettività e dell’ambiente – deve pagare, il regolamento si basa anche sul principio di precauzione, “all’interno di una coerente strategia di analisi dei rischi che non sempre sono noti sulla base delle informazioni scientifiche disponibili, sia in conseguenza dell’incertezza collegata con le indagini scientifiche, sia delle possibili interazioni non prevedibili a priori tra tecniche e prodotti e specifiche caratteristiche ambientali della Vallarsa”, si legge nel verbale dell’approvazione del testo. In quest’ottica, che impone di fermarsi in caso di incertezza, l’amministrazione ha pensato a misure “proporzionali, non discriminatorie, coerenti, basate su un esame dei potenziali vantaggi ed oneri, rivedibili ed in grado di attribuire la responsabilità per la produzione delle prove scientifiche necessarie per una completa valutazione del rischio”. Si è partiti dall’agricoltura perché questa è l’attività prevalente nel terrtiorio comunale, ma il verbale rinvia ad un successivo provvedimento la regolamentazione degli altri settori produttivi e delle attività di consumo.
“Per garantire lo sviluppo economico insieme alla difesa del nostro territorio e della salute delle persone, non basta incentivare la green economy ma occorrono piuttosto nuove regole che eliminino le palesi distorsioni di mercato e i costi sociali insostenibili. Questo è possibile semplicemente applicando i principi chiave del nostro ordinamento e i Comuni possono fare moltissimo in questo ambito”, commenta Gios. “Con il sistema attuale coloro che producono esternalità negative sono avvantaggiati, ma non è giusto che a sostenere maggiori costi di certificazioni siano le aziende meno impattanti. Il nostro obiettivo, con l’inversione dell’onere della prova, è ribaltare questo meccanismo”. Semplicemente geniale.
Veronica Ulivieri