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VENTO di cambiamento. Storia di un progetto che cambierà il territorio

novembre 10, 2015 Racconti d'Ambiente, Rubriche

Questo libro racconta la storia di VENTO, una dorsale cicloturistica da VENezia a TOrino lungo il fiume Po. Un nuovo paradigma culturale per vivere in modo diverso gli spazi aperti e il loro mutamento. Un giro in bici lungo 679 chilometri. Un progetto di rianimazione del paesaggio capace di promuovere forme sostenibili di sviluppo. Gli autori, Paolo PileriAlessandro Giacomel Diana Giudici, dialogano con Albano Marcarini, urbanista, cartografo e viaggiatore a piedi e in bicicletta, e con Elena Jachia, Direttore Area Ambiente di Fondazione Cariplo. Per Racconti d’Ambiente pubblichiamo un estratto dell’introduzione di Paolo Pileri. Il libro è illustrato da Valerio Vidali ed è edito da Corraini Edizioni

Quella che viene raccontata in questo libro è innanzitutto la storia di un progetto. Un progetto che è conosciuto attraverso l’immagine potente della bicicletta ma che in realtà ha da sempre la pretesa di proporre un nuovo paradigma per suggerire un modo diverso di guardare agli spazi dell’abitare e al loro mutamento. Le sembianze di VENTO sono quelle di un’infrastruttura leggera – la dorsale cicloturistica che qui verrà descritta nelle sue caratteristiche– che diviene il tramite per generare sul territorio una serie di “grandi” effetti che avranno ricadute sia sugli spazi percorsi tra VENezia e TOrino lungo il fiume Po, sia su chi abita questi spazi e cerca nuove interpretazioni dopo la crisi (a partire da quella occupazionale), sia sui cittadini che vi giungeranno in visita, attratti dall’immaginario che VENTO saprà suscitare facendo leva tanto sulla esperienza ciclistica, quanto sulla gradevolezza dei paesaggi e sul gusto dell’esplorazione di luoghi e bellezze inedite e varie. L’assemblaggio di queste tre componenti è ciò che ha dato al progetto una connotazione paradigmatica nuova, convincente, abilitante.

È chiaro che in tutto ciò gioca un ruolo importante il bello dell’andare in bicicletta, come lo definisce Marc Augé. Questo mezzo, più di tanti altri, è a misura di territorio lento, ovvero consente di attraversare gli spazi senza che questi ci lascino indifferenti. La velocità dolce della bici ci permette di fare esperienza intima del paesaggio, soffermandoci su quanto sfila attorno e di accorgerci di ciò che, a una velocità maggiore, perderebbe di definizione sino a scomparire. La velocità della bici disvela a tutti un nuovo paesaggio. Ecco perché definiamo abilitanti il cicloturismo e la relativa infrastruttura leggera. E non solo. Con VENTO abbiamo inteso proporre un cicloturismo in una chiave che potremmo definire pedagogica, ovvero un dispositivo attraverso il quale apprendere la grande lezione che i luoghi, le genti, il paesaggio sempre possono darci. Per questo, come affermeremo in queste pagine, abbiamo insistito per un progetto infrastrutturale che garantisse a chiunque di praticare il cicloturismo, perché tutti devono poter entrare in contatto con questo tipo di esperienza così cruciale per la formazione del proprio senso di cittadinanza.

VENTO è dunque un progetto di territorio e paesaggio. Diversamente ne uscirebbe il disegno di qualcosa di avulso dalla realtà, di eccessivamente specialistico, esclusivo,destinato a pochi e difficilmente capace di mantenere un dialogo stabile con il territorio. Questo approccio ha spinto molto più in alto la scala territoriale di riferimento che consideriamo adeguata per progetti come questo e con questa ambizione. Una ciclabile turistica che ambisce a divenire essa stessa attrattiva assieme ai territori che attraversa e che vuole tentare di trattenere per più giorni chi la percorre, deve essere non solo lunga almeno 100-150 km, ma anche capace di suscitare un immaginario alto, diversificato, ricco, potente e con una lieve connotazione di sfida sullo sfondo. Partecipare a un’impresa grande, anche per una quota piccola e secondo le proprie possibilità, genera un sentimento di appartenenza e di orgoglio positivi e genuini. Chi ha scelto di pedalare per alcuni giorni tra Vienna e Passau, o lungo la Drava o la costa atlantica francese, lo ha fatto anche per l’emozione forte che quei percorsi così lunghi e ricchi trasmettevano, sebbene non fossero necessariamente da percorrere per intero. Questo non vale solo per i partecipanti, ma anche per i territori e le istituzioni che li governano. Il fatto che il progetto di dorsale cicloturistica VENTO abbia insistito nello spingere in alto il bacino geografico di riferimento ha acceso nei piccoli e medi comuni attraversati la concreta consapevolezza che quel filo rosso diventava il filo a cui agganciarsi per proiettarsi in una dimensione superiore, alla quale, da soli, non potrebbero accedere, rimanendo esclusi da opportunità che invece sono strategiche per il loro futuro e per uscire dall’incubo dell’isolamento in cui le aree interne si sentono o sono effettivamente cadute. Per questi motivi abbiamo sempre creduto che uno degli elementi strategici del progetto VENTO fosse proprio quello di mantenere uno sguardo sull’intera pianura tra Venezia e Torino e quindi idealmente tra le Alpi e il mare, oltre che anche internazionale.

Paolo Pileri

 

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