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Giobbe Covatta: un comico seriamente impegnato contro lo spreco

dicembre 20, 2013 Very Important Planet

Fare comicità informando. È la formula di Giobbe Covatta, che da molti anni ci migliora l’umore con i suoi personaggi e i suoi show, facendoci anche riflettere su temi sociali e ambientali. Ricordiamo Trenta, per esempio, spettacolo dedicato ai 30 articoli della Dichiarazione universale dei diritti umani, o Sei gradi, nei teatri in questi mesi, che affronta il tema del riscaldamento globale. Non a caso è stato scelto per far parte del progetto 2014 Un anno contro lo spreco, coordinato da Andrea Segrè, fondatore e presidente di Last Minute Market, insieme allo scienziato Vincenzo Balzani, alla regista Maite Carpio, la scrittrice Susanna Tamaro e Robert van Otterdijk, team leader della campagna internazionale Save Food della Fao.

 

D) Giobbe, come sei arrivato al progetto “Un anno contro lo spreco”?

R) Mi ha chiamato il ministro dell’ambiente Andrea Orlando in persona – che io non conoscevo per altro e per questo per un momento ho temuto di aver combinato qualcosa di sbagliato! Invece, conoscendo i miei progetti passati e presenti, mi ha fatto questa proposta. Siccome da sempre mi dedico al problema della fame, ho accettato con entusiasmo.

D) Che cosa c’è dietro il problema dello spreco alimentare?

R) Il problema secondo me sta nell’educazione. È importante comprendere che il punto non è la mancanza di cibo, ma la povertà e la capacità di acquisto. Se all’interno del nostro meccanismo perverso si riuscisse a far girare un volano che fa sì che i prezzi del cibo si abbassino perché gli sprechi sono diminuiti, la situazione migliorerebbe a livello mondiale. È necessario impostare una rivoluzione culturale che cambi un sistema di pensiero, cui farà seguito poi anche il sistema economico.

D) Raccontaci di “Sei gradi”…

R) Si svolge nel 2113, fra cento anni. Io racconto al mio pubblico cosa è successo in questo secolo dove ogni venti anni la temperatura è aumentata di un grado fino a +6. Si arriva all’estinzione: noi nel teatro siamo gli ultimi della specie. Detto così sembra una tragedia greco-romana… ma è divertente! Sono un nonno che ricorda la storia di quando era giovane. Racconto avvenimenti, aneddoti basati su modelli scientifici che prevedono gli accadimenti nel caso del +2 °C, +4 °C e così via. L’unica finzione è la scansione temporale. Ma ho scelto di usare i cento anni per rendere più coinvolgente il messaggio. In cento anni si conoscono tutti quelli prima e dopo di te. Le cose che racconto potrebbero succedere a tuo nipote. Il punto di vista diventa differente.

D) Il teatro può educare alla sostenibilità?

R) Il teatro è un posto libero dove si può raccontare tutto. La vera domanda è perché scelgo di parlare di un tema piuttosto che un altro. Le persone pagano il biglietto per divertirsi, ma se all’interno dello spettacolo riesco a far riaffiorare un germe di coscienza sociale, anche piccolo, è tutto di guadagnato. Io cerco di portare il mio contributo, cerco di far sì che mia figlia, mia nipote, i miei discendenti pensino un po’ diversamente da quando ero bambino io. Faccio un esempio. Mi ricordo che da piccolo mia madre mi diceva di non sprecare il cibo e di pensare ai bambini del Biafra. E io non capivo perché se non avessi finito il mio piatto quei bambini sarebbero morti di fame, era un meccanismo che mi sfuggiva… Ma a tutt’oggi, se chiedi in giro, nessuno sa dov’è il Biafra. È diventato un’immagine vuota che non porta a nulla. Il cambiamento inizierà quando i miei figli si chiederanno domande che la mia generazione non si poneva (Dov’è il Biafra? Chi sono quei bambini? Perché hanno quel pancione anche se non mangiano nulla?).

D) Cosa ti lascia lavorare sugli spettacoli a tema “green”?

R) Innanzitutto, mi fa più piacere frugare nei modelli scientifici per capire cosa succede a +3 °C sulla Terra che approfondire i temi del traffico, per esempio. Poi mi fa sentire più tranquillo con me stesso, mi dà soddisfazione. E aggiungo un’ultima cosa. Il lavoro del comico si basa sul saputo del pubblico, la gente si diverte se parli di una situazione che già conosce. Nel caso di “Sei gradi”  non c’è saputo del pubblico: devi raccontare concetti nuovi in modo convincente e devi anche divertire. Per me questa è una sfida molto stimolante.

D) Quali sono le tue azioni quotidiane per un comportamento ecosostenibile?

R) Le azioni da fare sono quelle legate alla piccola saggezza dei nostri nonni e genitori, che funzionano ancora oggi. “Spegni le luci, che qui nessuno lavora all’Enel!”, mi diceva mio papà. Finché non si prende atto che il sistema consumistico è fallimentare, la situazione non migliorerà.

D) Tre desideri per l’ambiente da chiedere a Babbo Natale?

R) Ne basterebbe uno: ricominciare dall’8000 a.C. Beh, no, forse basterebbe ricominciare dalla Rivoluzione Industriale! Dal punto di vista ambientale è partita con una logica sbagliata, con uno spirito che non dava peso alle conseguenze, probabilmente allora non le immaginavano nemmeno. Ma una volta scoperte, si sarebbe dovuto mettere una pezza, invece sono rimasti tutti zitti perché le pezze erano un problema economico, costavano. Dal momento in cui l’umanità ha deciso che avrebbe sacrificato la propria sopravvivenza per il mercato non c’è stato più ritorno, si è accettato un rischio sia per noi, che grassi e pingui ci ritroviamo ora a discutere del problema delle emissioni, sia per il terzo mondo che ne subisce le conseguenze.

Daniela Falchero

 

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