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Coltivazioni OGM, Stati UE presto liberi di decidere

La notizia era una di quelle attese con più trepidazione dal mondo ambientalista e dell’agricoltura. Dopo quasi quattro anni di dibattiti, veti e barricate tra Stati favorevoli e contrari al biotech, il Parlamento Europeo alla fine è riuscito ad approvare la modifica della Direttiva comunitaria sugli Organismi Geneticamente Modificati. O quasi. Già, perché il testo, che ha avuto il via libera il 13 gennaio, dovrà ora ritornare al Consiglio Europeo per la seconda lettura. Insomma, più che di normativa siamo ancora parlando di “raccomandazione”, ma per poco. Se ratificato dal Consiglio, il testo consentirà agli Stati membri di vietare o limitare la coltivazione di OGM sul proprio territorio nazionale, anche se autorizzati a livello europeo.

In pratica ogni governo dovrebbe poter far per sé in materia di coltivazioni transgeniche, ma senza il rischio di vedersi annullato da un tribunale il bando. L’accordo migliora, a detta dei più, il testo approvato l’estate scorsa dal Consiglio Europeo in prima lettura. Gli ultimi sei mesi di negoziazione tra i ministri europei si sono chiusi l’altro giorno, al Parlamento, con 480 voti favorevoli, 159 contrari e 58 astensioni. Insomma, date le annose premesse, un risultato decisamente buono, quanto meno dal punto di vista della contabilità dei voti. Dopo l’approvazione in seconda lettura, prevista per la primavera 2015, la norma europea entrerà in vigore con effetto immediato. Poi spetterà ai singoli Stati membri il recepimento a livello nazionale.

Nello specifico, la nuova norma dovrebbe permettere veti o limiti “per ragioni di politica ambientale diverse da quelle espresse nella valutazione dei rischi legati alla salute e all’ambiente effettuata dall’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA)”, si legge nel comunicato ufficiale del Parlamento Europeo. Secondo il testo approvato, gli Stati membri hanno cioè il “diritto” di vietare o limitare gli OGM ad esempio per motivi legati “al mantenimento e allo sviluppo di pratiche agricole che combinano al meglio la produzione e la sostenibilità degli ecosistemi o al mantenimento della biodiversità locale, compresi taluni habitat ed ecosistemi, o determinati tipi di caratteristiche naturali e paesaggistiche”, come si legge nella premessa alla risoluzione legislativa del Paramento UE.

Altri validi motivi di divieto possono essere il rischio di contaminazione involontaria tra OGM e prodotti non transgenici, ragioni socio-economiche, obiettivi di pianificazione urbana e rurale e di politica agricola. Tra queste, anche “l’esigenza di tutelare la diversità della produzione agricola nonché la necessità di garantire la purezza di sementi e materiali di moltiplicazione vegetale” oppure “altri fattori legittimi come quelli legati alle tradizioni culturali”.

Quanto basta per aver fatto esultare le associazioni degli agricoltori italiani (tranne un paio notoriamente pro-OGM, come Confagricoltura e Futuragra, in netta minoranza nel mondo agricolo) e il Ministro della Politiche Agricole Maurizio Martina.E’ una scelta che risponde alle attese degli agricoltori, dei territori e di tutti gli italiani che hanno a cuore la qualità, la tipicità dei nostri prodotti alimentari e la distintività del nostro modello agricolo – ha dichiarato Martina - In Italia rinnoveremo il divieto di coltivazione del mais MON 810 (il divieto temporaneo nazionale del luglio 2013 che scade a breve, Ndr) e proprio nei prossimi giorni ci confronteremo con i Ministri Lorenzin e Galletti per procedere”.

Entusiasta anche quest’ultimo, il Ministro all’Ambiente Gian Luca Galletti, che ha condotto l’accordo tra i ministri europei e che ha definito il provvedimento come una grande vittoria per la biodiversità italiana. “Abbiamo ottenuto un risultato importante anche dal punto di vista economico – è il suo commento – A chi pensa che un grano OGM resistente alle intemperie possa rappresentare un vantaggio, noi rispondiamo che preferiamo puntare sulla qualità, l’OGM invece appiattisce la produzione ed elimina ogni differenza, anche qualitativa. In questo modo salvaguardiamo la qualità e l’ambiente, tutelando la salute dei cittadini, visto che ad oggi non sappiamo ancora quali siano le conseguenze derivanti dall’uso di questi prodotti”.

Stabilita anche la procedura comune per arrivare alla messa al bando nazionale degli OGM. Innanzitutto, la negoziazione tra singoli Stati e imprese sementiere non è più obbligatoria e i governi potranno decidere di passare direttamente al divieto di coltivazione. In secondo luogo, prima di introdurre il divieto, ogni Stato membro dovrà comunicare il provvedimento alla Commissione Europea che avrà 75 giorni per esprimersi, nell’attesa non si potranno comunque seminare OGM. Infine, le valutazioni europee sui rischi ambientali e sanitari dovranno essere aggiornate ogni due anni per tener conto del progresso scientifico e del principio di precauzione, che rimane un pilastro del diritto ambientale internazionale.

Questa direttiva è una risposta alle crescenti preoccupazioni dei cittadini dell’Unione Europea, come dimostrano i sondaggi di Eurobarometro – ha dichiarato la relatrice, la liberale belga Frédérique Ries - L’accordo garantirà una maggiore flessibilità per gli Stati membri che desiderano limitare la coltivazione di OGM sul loro territorio. Servirà, inoltre, da indicatore per un dibattito che è tutt’altro che terminato tra posizioni pro e anti-OGM”.

Finora l’unico modo per un paese di vietare la coltivazione di un prodotto GM nel proprio territorio una volta autorizzato era infatti la cosiddetta clausola di salvaguardia, ovvero lo Stato doveva dimostrare che l’OGM può causare un rischio per la salute delle persone o per l’ambiente, questioni non certo semplici da dirimere e che hanno determinato spesso contenziosi.

“Al di là dell’utopia, questo è il migliore accordo possibile al momento e come ogni accordo è fatto anche di qualche compromesso – chiosa Stefano Masini, responsabile nazionale ambiente e OGM di Coldiretti – Finalmente ci sono procedure chiare che permettono di blindare il territorio italiano in tema di OGM senza il rischio di conflitti giudiziari come quelli che abbiamo visto in questi anni. Alpi e mare poi aiuteranno il nostro paese a mantenere l’Italia libera da OGM contrastando il rischio di contaminazione se altri Stati confinanti decidessero in maniera diversa”.

A vedere il bicchiere mezzo vuoto invece alcuni gruppi ambientalisti, tra cui Greenpeace. “Certo il testo migliora quello di giugno ma ci sono molte lacune ed è l’approccio che non ci piace in un’ottica europeista comune – commenta Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile di Greenpeace ItaliaPosto che dalle motivazioni di divieto restano esclusi molti aspetti ambientali, una volta in vigore la Commissione potrà autorizzare la coltivazione di ulteriori OGM, come Gran Bretagna e Spagna vorrebbero ad esempio, facilmente, senza più il blocco tra Stati favorevoli e contrari e senza riforma delle procedure dell’EFSA, che sappiamo tutti ormai si basa per le sue autorizzazioni sui report delle stesse multinazionali del biotech”.

Come dire, un cavallo di Troia per gli OGM che permetterà sì agli Stati che lo vogliono di vietarli, ma anche ad altri di coltivarli liberamente, rendendo difficile l’efficacia di zone cuscinetto contro il rischio di contaminazione incrociata transfrontaliera con i paesi vicini prevista dal testo del Parlamento. “Come lo si spiega al polline OGM di non farsi trasportare dal vento in uno Stato che ha vietato il transgenico?”, è l’amara domanda di Ferrario.

Attualmente il solo prodotto biotech autorizzato a livello europeo è il mais MON 810 della Monsanto, ma Austria, Bulgaria, Grecia, Germania, Ungheria, Italia, Lussemburgo e Polonia hanno adottato clausole di salvaguardia per vietarne la coltivazione nei loro territori. Un secondo prodotto, la patata “Amflora” GM, è stata vietata dal Tribunale dell’Unione Europea nel 2013, dopo un iniziale via libera della Commissione Europea.

Frédérique Ries ha dichiarato anche che spera di ottenere in una futura revisione il risarcimento obbligatorio per gli agricoltori che potrebbero subire il divieto di coltivazione. Ipotesi questa che potrebbe rivelarsi molto rischiosa per le casse degli Stati che vogliono bandire gli OGM. Potrebbe fungere da deterrente per i governi dilaniati da patti di stabilità e spending review da un lato, e dall’altro da incentivo per le multinazionali a fare proselitismi e supportare quei (pochi almeno in Italia e per ora) coltivatori pro OGM.

Il dibattito sugli OGM non si placherà, anzi. Anche perché la direttiva riguarda solo la coltivazione di OGM, non la loro circolazione e commercio. I mangimi animali con OGM importati in gran quantità in UE sono, ad esempio, un’altra questione aperta. Ma in questo senso almeno la raccomandazione del Parlamento dei 28 è chiara: “nell’ottica di garantire un livello elevato di protezione dei consumatori, gli Stati membri e gli operatori dovrebbero adottare misure efficaci in materia di etichettatura e informazione onde assicurare la trasparenza per quanto concerne la presenza di OGM nei prodotti”. Chissà se dal “dovrebbero” si passerà al “devono”.

Alessandra Sgarbossa

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