Stati Generali della Green Economy: ecco le cinque azioni per ecoinnovare l’Italia
Il passaggio alla green economy implica la capacità di innovare non solo cicli produttivi e consumi, ma anche approcci culturali e stili di vita. Questo si può realizzare tramite lo sviluppo e la messa in pratica dell’ecoinnovazione, l’innovazione che tiene conto non solo del profilo economico, ma anche delle dimensioni sociali e ambientali.
La valutazione della dimensione del settore dell’ecoinnovazione e delle ecoindustrie è stata valutata dall’UNEP sino ai 0,5-1,5 trilioni di dollari/anno nel 2020 e tra i 3 ed i 10 trilioni/anno nel 2050. Questo il tema dell’Assemblea Programmatica “Sviluppo dell’Ecoinnovazione” che si è svolta ieri in preparazione degli Stati Generali della Green Economy, previsti a Rimini il 7-8 novembre prossimi, nell’ambito di Ecomondo, e organizzati dal Ministero dell’Ambiente e dal Comitato organizzatore composto da 39 associazioni di imprese green.
“L’obiettivo dell’ecoinnovazione – ha detto Roberto Morabito, Responsabile dell’Unità Tecnica Tecnologie Ambientali dell’ENEA e coordinatore del gruppo di lavoro sull’ecoinnovazione – è quello di un radicale cambiamento verso nuovi sistemi di produzione e consumo basati su un approvvigionamento ed un utilizzo sostenibile delle risorse e una riduzione/eliminazione delle emissioni e dei conseguenti impatti, che porti gradualmente al disaccoppiamento assoluto tra crescita, utilizzo delle risorse e impatti sugli ecosistemi”.
Potenzialità e impatti dell’ecoinnovazione e capacità del sistema italiano di produzione di beni e servizi di implementarla indica che la situazione è matura affinché anche l’Italia intraprenda sistematicamente e in maniera governata il percorso verso la green economy, anche se nella classifica europea 2011 dell’ecoinnovazione l’Italia si trova al 16° posto contro il 12° del 2010.
Strumento prioritario per questo percorso è l’avvio di un Piano Nazionale per lo Sviluppo, Diffusione ed Implementazione dell’Ecoinnovazione “Made in Italy”, in coerenza con una nuova e rilanciata politica industriale che sappia coniugare la competitività delle imprese alla sostenibilità dei sistemi produttivi, basato su almeno 5 Azioni prioritarie da mettere in campo da subito:
1) Politiche coerenti. Una politica ambientale che offra un quadro normativo coerente a vari livelli (locale, nazionale, europeo ed internazionale), che promuova l’ecoinnovazione tramite l’applicazione di norme esistenti riviste e il varo di nuove norme che indirizzino anche le attività di ricerca e sviluppo, e che sia a sua volta coerente con politiche industriali ed economiche.
2) Formazione/informazione. Avviare un Programma di formazione/informazione nazionale che sappia, da una parte, preparare nuove competenze/professionalità (sia per i settori strategici di nuova economia, sia per riqualificare figure professionali che operano in settori e comparti tradizionali del sistema produttivo italiano, interessati a processi di riconversione “verdi”) e, dall’altra, favorire cambi di stili di vita, approcci culturali, consenso sociale verso le tecnologie, i processi, i servizi e i prodotti ecoinnovativi. Innovazioni tecnologiche, anche radicali, del solo processo produttivo non riescono a esprimere, infatti, a pieno il loro potenziale di cambiamento se non sono accompagnate da un forte cambiamento anche a livello culturale e sociale, oltre che istituzionale.
3) Promozione attraverso “etichette” e appalti verdi. Promozione a tutti i livelli di prodotti e servizi basati su un uso sostenibile delle risorse e su bassi impatti ambientali, lungo tutto il loro ciclo di vita, mediante la promozione di marchi, etichette, etc. di prestazione, di prodotti e servizi, che favoriscano la crescita di mercati ecoinnovati e nuovi mercati, aumentando la percezione dell’ecoinnovazione. Diffusione di appalti “verdi”, pubblici e privati, per la promozione dell’ecoinnovazione.
4) Cabina di regia per partenariati pubblico/privato. Una forte cabina di regia per mettere a sistema il patrimonio nazionale di competenze sia nel pubblico (università ed enti di ricerca), sia nel privato, in cui, ad esempio, i Ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico promuovano joint venture con mondo scientifico e imprese per coniugare insieme sostenibilità e competitività, che non possono essere affrontate in maniera separata e settoriale. In questo quadro, devono essere favoriti progetti sistemici e integrati di dimensioni significative, che coinvolgano singole aziende, distretti, reti di impresa, sistemi territoriali, istituzioni locali e organizzazioni sociali che possano fungere da nuclei di condensazione di questa fase di transizione verso la green economy.
5) Supporto alle imprese. L’Italia è uno dei più importanti Paesi industriali al mondo e il secondo Paese manifatturiero europeo e come tale deve affrontare la sfida globale della competitività in un orizzonte di sostenibilità. Produzione sostenibile e uso efficiente dell’energia e approvvigionamento sostenibile e uso efficiente dei materiali sono le due facce dello strumento con il quale affrontare la sfida. Se sul versante dell’approvvigionamento sostenibile dell’energia l’Italia ha fatto significativi passi in avanti anche a supporto del sistema di imprese, sul fronte dell’utilizzo sostenibile delle materie prime vi è un vuoto enorme da colmare. In questo quadro, sembra non più rinviabile seguire l’esempio di altri Paesi europei istituendo un’Agenzia per l’uso efficiente dei materiali, sfruttando risorse e strutture già esistenti, a diretto supporto delle imprese e in particolare delle PMI.