Un nuovo “Paesaggio sociale”, contro edifici aggressivi e città degradate
“Indignarsi non basta. Contro l’indifferenza che uccide la democrazia, contro la tirannia apolitica dei mercati dobbiamo rilanciare l’etica della cittadinanza”. Si esprime così Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, nel suo ultimo libro Azione Popolare (Einaudi, Torino 2012) di fronte allo scempio del paesaggio. Oggi – questo il messaggio – si ha la necessità di ritrovare una giustizia sociale, di tutelare l’ambiente che stiamo deturpando con gli ecomostri e di riconsiderare la priorità del bene comune sul profitto del singolo.
Di questo tema si è discusso all’interno del convegno “Architettura a basso costo per un nuovo paesaggio sociale. Riutilizzare e recuperare i materiali per costruire il futuro in armonia con il presente e il passato”, nell’ambito di Restructura 2012, la Fiera dell’Edilizia e dell’Architettura Sostenibile che si è chiusa a Torino domenica 2 dicembre. Al convegno, a supportare le tesi di Settis, Pietro Derossi, professore emerito in Progettazione architettonica, Guido Montanari, docente di Storia dell’architettura contemporanea presso il Politecnico di Torino, Paolo Portoghesi, professore emerito presso l’Università di Roma La Sapienza, Andrea Talaia, Presidente provinciale CNA Costruzioni, Massimiliano Caporale, vice presidente CNA Giovani Imprenditori Torino e Riccardo Bedrone, presidente dell’Ordine degli Architetti di Torino e Provincia.
“Il concetto di Paesaggio è strettamente connesso alla sfera del sociale, ma sembra che oggi ce ne siamo dimenticati”, afferma Montanari, “eppure la Convenzione Europea lo definisce come una ‘parte di territorio, così come è concepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e umani e dalle loro interrelazioni’, patrimonio europeo, cioè, connotato dalla sua chiara natura antropica”. Sembra dunque urgente domandarsi che cosa stia succedendo al popolo italiano e se, continuando ad andare nella direzione della cementificazione, si possa ancora fare un passo indietro e recuperare quella memoria storica che contraddistingue il Bel Paese.
E’ proprio dalla collettività e dalla civitas che dobbiamo infatti ripartire, secondo i relatori: si deve ragionare con la memoria storica per trasformare la città. La partecipazione è necessaria per frenare la distruzione dei nostri paesaggi: l’uomo di cultura – in ambito urbano l’architetto - è depositario di “un sapere”, che molte volte è difficile comunicare. “Bisogna restituire il valore delle relazioni umane al posto del denaro, ridare dignità alle città che finora sono state violentate e popolate da edifici aggressivi: forse – sostiene Portoghesi - dando più spesso parola ad architetti donne, riusciremmo a conquistare un’architettura al femminile, più morbida e meno prepotente di quella che finora siamo stati in grado di fare”. Il paesaggio, dunque, come bene che va vissuto e protetto dall’uomo, senza contrastare l’equilibrio naturale che troppo spesso è stato alterato da una società basata monomaniacalmente sulla crescita e sul consumo.
In questo senso ha valore ripensare il bene comune, in un contesto in cui la politica viene dominata dalle potenze economiche e dall’interesse dei privati: “dobbiamo uscire dall’ottica di pensiero che sia il PIL la vera ricchezza di un Paese”, afferma Massimiliano Caporale, vice presidente CNA. “Il vero senso dell’architettura deve essere quello di rispondere ai bisogni dell’uomo e deve ritrovare i suoi fondamenti nell’artigianato”. La rivoluzione deve iniziare da noi cittadini, nel tentativo di ribellarci a questo modello sbagliato di società del tardo-consumismo, da cui siamo stati ipnotizzati; è con atti di grande impegno, di risparmio economico ed energetico, che dobbiamo adottare una nuova logica di pensiero, che non può essere ridotta ad una buona raccolta differenziata. “Sarebbe troppo semplice avere delle procedure per realizzare una bella città – argomenta Derossi - questa andrebbe compresa ed interpretata come una narrazione. La nostra interferenza è costituita dai brani di città che costruiamo, facendo ognuno la sua parte in modo da realizzare un racconto coerente e armonioso”.
Ambiente, patrimonio culturale, salute, ricerca, educazione incarnano, del resto, i valori di cui la Costituzione è il manifesto: libertà, eguaglianza, diritto al lavoro. La comunità dei cittadini deve necessariamente riguadagnare i suoi diritti all’interno dei movimenti civici, punto nodale alla base della civitas stessa. Una chiave di lettura per donare una nuova vita al paesaggio si colloca, pertanto, nel ritrovare la cultura e recuperare l’identità del nostro Paese: “serve oggi - scrive Settis in “Azione Popolare” - una nuova consapevolezza, una nuova responsabilità. Una forte azione popolare in difesa del bene comune“.
Valentina Burgassi