“Meno automobili e più mulini a vento”. Intervista a Lester Brown
Un’aula magna gremita, platea e galleria per Lester R. Brown, “Uno dei pensatori più influenti del mondo” l’ha definito il Washington Post. Con il suo passo elegante, i capelli bianchi candidi e lo sguardo veloce, Brown arriva alla Bocconi, invitato speciale del Forum Barilla, per raccontare la nuova geopolitica della scarsità di cibo: pianeta pieno, piatti vuoti. “Siamo in una morsa – racconta nel suo intervento il professore, collezionista di 15 lauree honoris causa – tra gli eccessi del passato e la scarsità delle risorse del presente. Il cibo è l’anello debole della civiltà del XXIesimo secolo, esattamente come lo fu per quella dei Sumeri, i Maya e di molte altre civiltà nate per poi scomparire”. Ecco le sue risposte a Greenews.info.
D) Professor Brown qual è la causa della scarsità alimentare che lei denuncia?
R) L’aumento dei prezzi del cibo. L’origine si può datare tra il 2007 e il 2008. Una crescita dovuta al fatto che sono diminuite le esportazioni creando panico nei paesi importatori, che hanno iniziato ad acquistare terreni o affittarli. In questa situazione il cibo è diventato il nuovo petrolio, i terreni il nuovo oro. Le cause? La popolazione mondiale aumenta ogni anno, aumenta il consumo dei cereali che vengono sempre più utilizzati per produrre carburante per automobili. Dal punto di vista dell’offerta ci sono tre vincoli. In primis la carenza d’acqua per produrre cibo. Nelle pianure cinesi, per esempio, l’irrigazione estensiva è molto diffusa cosicché le falde acquifere si stanno esaurendo e i pozzi seccando. Gli altri due vincoli sono: il cambiamento climatico e l’erosione dei terreni, effetto del fatto che abbiamo arato territori che non avremmo mai dovuto arare. Tutto questo ha un prezzo, ogni anno è difficile tenere il passo con la produzione. Se io dovessi scegliere un indicatore economico questo sarebbe “il prezzo dei cereali nel mondo”. Il progresso economico e la stabilità politica sono tutti influenzati dal prezzo del cibo.
D) Come vede il futuro?
R) Gli ambientalisti hanno parlato per lungo tempo di come salvare il pianeta, ma oggi la questione riguarda la conservazione della società medesima. La sfida consiste nell’avviarci verso un cammino di sostenibilità. Ognuno deve partecipare. Ma non basta un semplice aggiustamento dei nostri stili di vita, come usare le lampadine a basso consumo energetico, riciclare la carta, non sprecare l’acqua. Oggi bisogna diventare attivi politicamente, impegnandosi per raggiungere questi obiettivi.
D) Quali obiettivi esattamente?
R) Innanzitutto la trasformazione dell’economia energetica mondiale, prima che il vortice del cambiamento climatico non si possa più tenere sotto controllo. Di fronte a questo fantasma incombente del cambiamento climatico, che minaccia di distruggere l’agricoltura, si capisce come le politiche energetiche possano contribuire alla sicurezza alimentare più delle politiche agricole stesse.
D) E nell’immediato, com’è possibile intervenire prima che sia troppo tardi?
R) Aumentare la produttività, aiutare le famiglie a pianificare e ridurre le emissioni. Dovremmo iniziare a controllare la produttività dell’acqua. Alcuni sistemi di irrigazione sono più efficienti di altri, ma abbiamo almeno un’idea di quello che si può fare. Inoltre la pianificazione familiare è per gli Stati un costo davvero basso rispetto ai soldi che vengono spesi per la difesa e il settore militare. Infine dobbiamo muoverci rapidamente per diminuire le emissioni di carbonio: meno automobili e più mulini a vento, potrebbe essere lo slogan. Dobbiamo oggi ridefinire la sicurezza: a Washington quando si parla di sicurezza si pensa alla difesa io penso all’economia, al cambiamento climatico, alla stabilità politica e all’acqua che va a mancare. Questi sono i punti, non quelli del secolo scorso, oggi le necessità del mondo sono altre…
Francesca Fradelloni