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Nuova PAC: produrre di più inquinando meno. Intervista a Paolo De Castro

gennaio 24, 2011 Bollettino Europa, Rubriche

Paolo De Catro, Courtesy of giuseppemelpignano.blog.tiscali.itA piccoli passi per riformare quella che rimane “la più importante - per storia e peso - delle politiche europee“: la Pac. La Politica Agricola Comune è in ballo dall’8 novembre scorso ed entro l’estate si attendono le proposte legislative.

Paolo De Castro, Presidente della Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento Europeo, ha raccontato a Greenews.info l’iter, i nodi e gli obiettivi della riforma. premettendo: “La sfida dell’agricoltura è la lotta al cambiamento climatico. Questa è la strada del futuro”.

D) Partiamo dall’iter della riforma. Ci può spiegare quali saranno i prossimi passi?

R) Con la presentazione della  Comunicazione della Commissione UE dello scorso 18 novembre, è iniziato ufficialmente il percorso di riforma della politica agricola comune dopo il 2013. Un percorso lungo e difficile nel quale, nei prossimi mesi, saremo impegnati al Parlamento Europeo, a partire dall’approvazione del Rapporto sulla Comunicazione di novembre. Successivamente, si passerà alle proposte legislative, attese entro l’estate. Ci apprestiamo a riformare quella che rimane la più importante – per storia e peso - delle politiche europee. Un lavoro di revisione che riguarderà tutti gli interventi di politica agricola comune, sia quelli del così detto “primo pilastro” (aiuti diretti per gli agricoltori e misure di mercato) sia la programmazione di sviluppo rurale. Ma al di là di tutto, ciò che occorre è produrre di più inquinando meno: è questa la sfida che anche l’agricoltura europea avrà di fronte nei prossimi anni. Preservare il potenziale agricolo europeo e incentivare attraverso di esso la produzione di valori pubblici (lotta al cambiamento climatico, salvaguardia ambientale, risparmio idrico, sviluppo socio – economico delle aree rurali) deve essere la strada del futuro.

D) Può spiegare ai non addetti ai lavori cosa si intende quando si parla di “aiuti disaccoppiati”, un termine oscuro alla maggior parte dei lettori, che si trova spesso sulla stampa?

R) Gli aiuti disaccoppiati vennero introdotti nel 2003 quando, l’allora Commissario all’Agricoltura Franz Fischler (da cui prende il nome la Riforma) propose una serie di innovazioni che disegnavano un nuovo volto della Pac. In questa direzione vennero fissati alcuni elementi chiave, tra cui l’introduzione di un aiuto diretto al reddito disaccoppiato”, vale a dire completamente svincolato dalla produzione, la cui concessione è legata al rispetto di criteri di sostenibilità ambientale e sociale dell’attività agricola. Una svolta epocale, che sancisce il passaggio da un aiuto legato allo status di agricoltore, ad uno che compensa i comportamenti attivi nei confronti della società: l’imprenditore agricolo europeo può accedere al pagamento solo se esercita la sua attività nel rispetto di criteri generali, finalizzati a perseguire la salvaguardia ambientale, il benessere animale, la sicurezza alimentare. In altri termini, viene premiato il suo contributo alla creazione di servizi socialmente desiderabili.

D) Perché il tema degli agricoltori attivi, è un tema così scottante?

R) Il tema degli agricoltori attivi è stato introdotto dalla Comunicazione che ho citato prima. In quel documento, si fa riferimento alla necessità di prevedere, nella nuova Pac, un sistema di pagamenti diretti che dovrebbe andare di pari passo con una migliore definizione e un più chiaro orientamento del sostegno verso i soli agricoltori in attività. Un aspetto importante ma, al tempo stesso, che necessita di un adeguato livello di definizione non riscontrabile all’interno del documento d’indirizzo UE. Su tale ambito, lavoreremo in Parlamento nei prossimi mesi per procedere ad una definizione del concetto diagricoltore attivo” che sia coerente con lo scenario attuale e congruo rispetto alle sfide e alle responsabilità che l’agricoltura europea si troverà ad affrontare nel prossimo futuro.

D) Presidente, quali sono le principali difficoltà per attuare la riforma della Pac del dopo-2013?

R) Le difficoltà, come dicevo, non sono poche. Il primo importante passo, sarà quello di eliminare le criticità contenute nella Comunicazione della Commissione, che rappresenta comunque la base su cui costruire la riforma. Tra queste, la necessità di prevedere una maggiore flessibilità nella gestione delle risorse da parte degli Stati membri; l’individuazione di un sistema di variabili che scongiuri il rischio di impatti distorsivi su territori e settori derivanti dalla nuova distribuzione delle envelope nazionali; strumenti ad hoc e specifiche riserve di bilancio per gestire le crisi di mercato; misure per riequilibrare e stabilizzare le relazioni all’interno della filiera alimentare tra gli anelli più deboli e le fasi a valle. Successivamente, il lavoro si concentrerà sulla valutazione e l’approvazione delle proposte legislative. Il tutto, non potrà in alcun modo prescindere da un adeguato livello di risorse finanziarie. È questa, infatti, la condizione necessaria e sufficiente per approvare una riforma della Pac ambiziosa, in linea con quanto espresso a larghissima maggioranza dal Parlamento attraverso il Rapporto dell’8 luglio scorso.

D) Quale è la situazione dell’agricoltura in Italia?

R) Quella italiana è un agricoltura unica al mondo in quanto a patrimonio produttivo. Un settore che ha nella distintività, tipicità e qualità, i principali elementi di forza. Tuttavia, spesso, il nostro sistema non è in grado di tradurre in reddito tali importanti potenzialità. Una condizione aggravata dalla crisi economico-finanziaria e dalla inattività del Governo che, negli ultimi due anni, non solo non ha introdotto strumenti e misure straordinarie (così come avvenuto nei principali paesi dell’Unione Europea) ma, in molti casi, non ha garantito neanche quegli interventi che, per anni, avevano caratterizzato l’ordinarietà per il settore. Nel prossimo futuro, la parola d’ordine per i nostri agricoltori deve essere internazionalizzazione. Un’opportunità, che per essere sfruttata, necessita di un adeguato livello strutturale e organizzativo della base produttiva così come della stabilizzazione dei rapporti tra gli attori della filiera.

Francesca Fradelloni

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