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TAV o NO TAV, questo è il problema… Una riflessione a quattro mani

luglio 14, 2015 Racconti d'Ambiente, Rubriche

TAV sì o TAV no? Scegliere consapevolmente è un diritto-dovere dei cittadini Per farlo occorre ascoltare voci differenti e approfondire i fattori in gioco. La trattazione scientifica e rigorosa evita prese di posizione ideologiche e si basa su fatti e documenti prodotti da esperti in varie discipline. TAV NO TAV propone un approccio multidisciplinare che può essere adottato per altre grandi opere che costellano Italia ed Europa. Per Racconti d’Ambiente pubblichiamo il primo contributo di Luca Giunti “Geografia ferroviaria” tratto dal libro edito da Scienza Express.

Osservate una pianta a grande scala della città di Torino. Per una volta trascurate le direttrici stradali e soffermatevi sulle linee ferroviarie. Sono indicate da sottili tratti neri, talvolta con gradini alternati. Sono difficili da trovare perché sono cinque volte più piccole di una statale e dieci volte più magre di una tangenziale. Guardate bene: Torino è una specie di ellisse stiracchiata,un’ameba flagellata, un fagiolo germinato, dal quale si dipartono sette o otto capelli principali. In senso orario da ovest: la Bussoleno Susa Bardonecchia, la Caselle Cirié Lanzo Ceres, la Volpiano Rivarolo Cuorgné, la linea per Chivasso Vercelli Novara Milano e da Chivasso per Ivrea e Aosta; poi, dopo le colline, la Asti Alessandria Genova, la linea per Cuneo con le diramazioni per Mondovì e Saluzzo, e per Pinerolo e Torre Pellice.

Ebbene, perché queste linee non vedono imperversare treni ogni mezz’ora per tutto il giorno? Pendolari, accelerati,espressi, diretti, direttissimi, suburbani, metropolitani, a vapore, trainati da cavalli, spinti dal vento o dal sole, al limite a pedali: perché non ci sono? Perché i torinesi, sindaco in testa, ammalati di inquinamento, oppressi da ozono e PM10, stressati da giovedì del pedone, da domeniche a piedi, da ZTL, da parcheggi pagati come un mutuo, non pretendono un servizio continuo, assiduo, incessante, instancabile e perpetuo, di treni? E, tanto perché sia chiaro, non TAV superveloci che “ci collegano all’Europa”, ma treni tranquilli, normalmente veloci, magari puliti e passabilmente in orario, che collegano distanze di 100 chilometri o meno, cosicché si possano lasciare le automobili a casa, con buona pace della FIAT (ah, se il primo Agnelli avesse deciso di costruire solo strade ferrate!), e percorrere Torino a piedi, con i mezzi pubblici oppure (lo dico o non lo dico? massì lo dico!) in bicicletta. E già, perché Torino è piatta e con bei vialoni larghi. E, come ci racconta a ogni agosto un ripetitivo servizio televisivo, è splendida da girare in bici se non ti arrotano le auto o non ti stendono le micidiali rotaie dei tram (ah, se Giovanni Agnelli I avesse deciso di costruire biciclette!).

Quarant’anni fa ogni stazione ferroviaria aveva il suo bravo deposito di biciclette, usate da tutti fino ai novant’anni. E c’erano più treni, e, cosa ancora più incredibile, non erano meno veloci di quelli di oggi. Come è possibile? Cos’è successo? Ci siamo distratti un attimo e ci hanno fregato, con la scusa del progresso. Quale progresso? Un vero progresso, invece di eliminare i depositi di biciclette, li avrebbe moltiplicati in ogni stazione e in ogni piazza della città, davanti ai cinema, ai teatri, ai musei, ai cimiteri, agli stadi e alle chiese, alle fabbriche e ai giardini. Avrebbe reso socialmente disdicevole usare l’automobile, e quei pochi costretti a farlo oggi si vergognerebbero cercando di passare inosservati con le loro brutte autovetture, sporche e cattive. E sarebbe una vergogna nazionale, distribuita equamente a Palermo e a Roma, a Bari, a Milano, a Firenze. Ovunque. Sogni? Certo. Gli stessi di molti cittadini scontenti e di tanti pendolari incattiviti. Utopie? Senz’altro. Le stesse di Michaux e Stephenson (inventori della bicicletta e della locomotiva). Però non certo irrealizzabili. Senza scomodare gli esempi delle metropolitane di Berlino e Londra o delle piste ciclabili ad Amsterdam e Copenhagen, basta ricordare il periodo delle Olimpiadi Invernali del 2006. Dalle cinque a mezzanotte c’erano treni ogni mezz’ora per la Val Susa. Allora si può fare. Un altro mondo è possibile!

Luca Mercalli* e Luca Giunti**

*Climatologo esperto in ricostruzione del paleoclima alpino, presidente della Società Meteorologica Italiana, direttore della rivista di meteorologia Nimbus, docente, saggista, giornalista scientifico per La Stampa, conferenziere con oltre 1400 incontri al suo attivo, autore e ospite televisivo (RAI3 Che tempo che fa dal 2003 al 2013, Scala Mercalli dal 2015, RAI2 TGR Montagne2005-2013 e Radio Televisione Svizzera Italiana). Consulente dell’Unione Europea per la Strategia di Adattamento ai cambiamenti climatici in Regioni Montane e per la Strategia di Salvaguardia dei Suoli. Tra i suoi libri: Che tempo che farà (Rizzoli),Prepariamoci (Chiarelettere, Premio Selezione Bancarella 2012).

** Naturalista e guardia parco, si occupa per lavoro di ricerche scientifiche, di Progetti Life, di educazione ambientale e di valutazioni di impatto ambientale. Ha pubblicato alcuni volumi fotografici e divulgativi e articoli scientifici, anche sul caso TAV. È membro della Commissione Tecnica incaricata dalla Comunità Montana Val Susa e Val Sangone e dalle Associazioni Ambientaliste di analizzare e criticare nelle forme di legge i vari progetti della Torino-Lione.

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