Colombia: il fantasma dell’amianto mi insegue
Con l’arrivo in Sud America proseguono le “Impressioni di Viaggio” del nostro corrispondente Carlo Taglia, in viaggio per il mondo a impatto e costo “zero”.
Nuovo continente, stessa contaminazione. Poco più di un mese fa avevo lasciato l’Asia, afflitta da un intenso consumo di amianto nel settore edile, preoccupato per le tragiche previsioni di morti future. Ma quando sono sbarcato in Sud America, nel porto colombiano di Buenaventura, la prima cosa che ho incontrato è stata un’immensa distesa di tettoie in eternit. L’intero paese è sommerso da queste coperture, in tutte le grandi città come Bogotà, Medellin, Cartagena, Barranquilla, Santa Marta e Buenaventura sono facilmente visibili enormi superfici grigie in amianto. Essendo il materiale più economico in commercio viene utilizzato, soprattutto, da chi non si può permettere un’altra copertura o è costretto a raccattare resti malandati per strada per utilizzarli nella sua baracca.
Più ci si allontana dai centri città verso le periferie povere e più aumenta il consumo di questo materiale dalle conseguenze mortali. Mentre i produttori si difendono sostenendo di aver preso tutte le precauzioni necessarie per la salute dei lavoratori, in fase di produzione, non hanno nulla da dire riguardo al rischio di tutte quelle famiglie che vivono a contatto diretto con la polvere delle lastre vecchie o rotte e che, inconsapevoli degli effetti collaterali, le utilizzano nelle case o per far giocare i bambini. Non esiste nessun piano di smaltimento dell’eternit usurato che, anche qui, viene scaricato nei fiumi, nelle strade o ammassato nei cortili, rimanendo spesso a contatto diretto con la popolazione, che ne respira le polveri letali.
In Colombia il gruppo Eternit possiede ben 3 fabbriche che producono asbesto-cemento: una sul Pacifico, un’altra sul Mar dei Caraibi e l’ultima nella capitale. Realizzano mediamente quasi 200.000 tonnellate all’anno di cemento-amianto impiegando circa 1.800 lavoratori. Da oltre quarant’anni producono principalmente materiali per il settore delle costruzioni tra cui pensiline e coperture, accessori per fognature, fosse settiche e pozzi, tubi di scarico, elettrici e telefonici. Utilizzano un materiale composto dal crisotilo, al 10% circa, e dal cemento, al 90%. Il crisotilo è un minerale appartenente alla classe dei silicati, uno dei minerali del gruppo dell’amianto, di gran lunga il più estratto. Molto ricercato per via delle sue proprietà fibrose, di incombustibilità e di bassa conducibilità termica, ha però gravi conseguenze sull’organismo umano proprio per via della sua natura fibrosa. In Italia se ne conoscono, con evidenza, gli effetti anche a seguito della condanna a 16 anni ai due principali azionisti dell’azienda, ma nonostante ciò il gruppo Eternit continua a negare, nel resto del mondo, la cruda verità: l’amianto non solo provoca il mesotelioma pleurico, un terribile tumore mortale, ma molte altre malattie non immediatamente relazionabili con la respirazione delle polveri aerodisperse, come ad esempio la fibrosi polmonare, che spesso viene correlata al fumo.
Ho intervistato, anche qui, architetti, avvocati, insegnanti e semplici proprietari di case con coperture in eternit: nessuno aveva un’idea delle conseguenze dell’utilizzo del crisotilo, detto anche “amianto bianco”. Un’altra realtà di disinformazione che, a queste latitudini, stupisce ancor di più che nelle realtà asiatiche. Per un Europeo è una situazione surreale, ma sembra che la Eternit sia riuscita a rassicurare la popolazione locale e i propri lavoratori, che credono così, per la maggior parte, che gli effetti negativi dell’amianto siano una leggenda metropolitana.
La Colombia, per altro, esporta soprattutto in Europa, dove è proibito l’utilizzo di asbesto. Mi chiedo come sia possibile che né i media colombiani né quelli europei si pongano domande su questa “incongruenza”. Quali interessi ci sono dietro a questa ignoranza indotta? Quante altre persone devono morire per dimostrare che l’amianto è letale? In altri paesi del continente sud americano, tra cui Cile, Argentina, Uruguay e Brasile, sono state intraprese iniziative governative per contrastare il consumo di questa sostanza assassina, fino a proibirla totalmente.La Colombia vive invece all’oscuro. Probabilmente troppo concentrata sulle questioni del narcotraffico e della guerriglia alle Farc, per poter assorbire altre priorità.
Carlo Taglia
Le riflessioni di viaggio complete di Carlo Taglia, documentate da foto e video, sono disponibili sul suo blog: http://karl-girovagando.blogspot.com/