“Go green”: le opportunità dell’economia verde italiana secondo Francesco Rutelli
Nel piccolo ufficio vicinissimo a Montecitorio e ancora semi-vuoto, dove Alleanza per l’Italia si è appena trasferita, Francesco Rutelli – il leader del partito centrista e liberale fondato insieme a Tabacci e a Giuliano Da Empoli nel 2009 – conclude una riunione politica prima dell’intervista con Greenews.info.“Dobbiamo proprio usare questa parola: alternativi. Noi siamo alternativi alla sinistra”, dice con tono fermo una voce femminile che arriva fino all’ingresso. Un segno dei tempi, politici e istituzionali, di grande incertezza: le elezioni politiche sono ormai un ricordo ma il clima è ancora quello del “serrate le righe”. Anche per API che all’ultimo appuntamento elettorale ha scelto di non candidarsi: “Non ero d’accordo, più in generale, con lo schema elettorale – né con quello montiano, né con quello del centrosinistra di Bersani: io avrei preferito un accordo trasparente, dichiarato prima delle elezioni”. Da qui la decisione di Bruno Tabacci di presentare il nuovo soggetto politico Centro Democratico, come forza moderata nella coalizione “Italia. Bene Comune”, non superando però la soglia di sbarramento prevista al Senato.
Francesco Rutelli è sorridente e slanciato, appare solo lievemente curvo mentre ci guida nella propria stanza: “E’ ancora tutto un po’ spoglio ma guardi quanto verde se si affaccia dalla finestra”, dice allegro. Sulla libreria, campeggiano – nell’ordine – numerose foto di lui che stringe la mano all’ex presidente USA Bill Clinton, alla regina d’Inghilterra Elisabetta, a Carlo Azeglio Ciampi e al presidente Napolitano, a Madre Teresa di Calcutta e a Giovanni Paolo II.
D) Rutelli, lei è stato nei Radicali, ha fondato i Verdi Arcobaleno, ha fatto il sindaco di Roma per due mandati (sua la legge n.113 del 1992 che ha permesso di piantare ben 120.000 alberi a Roma, uno per ogni bambino nato, oggi estesa anche per i bimbi adottati) e il Ministro ai Beni Culturali del secondo governo Prodi, è stato leader della Margherita fino al suo scioglimento nel Pd, poi è uscito dal Pd e ora guida l’Api. È stato persino Ministro dell’Ambiente per quattro giorni (governo Ciampi: si dimise per protestare contro il Parlamento che negò l’autorizzazione a procedere nei confronti di Bettino Craxi). Oggi, di cosa si occupa?
R) Non da oggi, ma dal 1989, dunque da tempi non sospetti, mi occupo di sostenibilità, quando ancora non ne parlava nessuno. Per questo insieme ad Alleanza per l’Italia ho lanciato una proposta positiva in tema di green economy, partendo dalla convinzione che si tratti di un settore strategico per innescare la crescita e dare nuove chance di sviluppo al Paese. Ne è venuto fuori uno studio – “Green economy: per una nuova e migliore occupazione”, pubblicato e presentato alla fine della campagna elettorale per le elezioni politiche 2013 – promosso dal Partito Democratico Europeo (di cui è fondatore e presidente insieme al francese Francois Bayrou, NdR). Una ricerca che nasce dalla competenza di due economisti come, Alessandro Lanza – ex direttore della Fondazione Mattei – e Marzio Galeotti - che insegna a Milano Economia Ambientale – e dall’intuizione di Firouz Galdo, architetto e scenografo scomparso di recente (autore di progetti come la libreria di Palazzo delle Esposizioni, la Fondazione Giuliani, la Collezione CerasiBarillari, la galleria Gagosian).
D) Perché ritiene che questa ricerca si distingua, rispetto ai tanti studi di settore?
R) Si tratta di uno studio molto concreto, curato da due giovani ricercatori della Bocconi, Federico Pontoni e Niccolò Cusumano, che adotta per la prima volta una metodologia mai utilizzata in Italia: utilizzando i dati Istat – quelle che tecnicamente si chiamano matrici intersettoriali – e applica ai settori analizzati le opportunità di crescita che derivano dagli investimenti diretti, indiretti e nell’indotto. L’obiettivo concreto è quello di valutare gli impatti della green economy in termini di occupazione da oggi fino al 2020.
D) Quali sono stati i settori analizzati?
R) Il perimetro dell’analisi è stato definito includendo i settori “green” che hanno le più immediate ricadute occupazionali e industriali: energie rinnovabili, efficienza energetica, ciclo dell’acqua e rifiuti, servizi ambientali, tra cui protezione e cura della biodiversità, trasporti sostenibili. A questi sono stati affiancati settori, per così dire di nicchia, analizzati attraverso casi di studio: smart city, formazione sostenibile, ecoturismo. Per ciascun settore, abbiamo elaborato due scenari: uno “base” (che prevede il raggiungimento degli obiettivi europei), e l’altro così detto “go green”, volto a far divenire l’Italia leader mondiale della green economy.
D) Mi dà un po’ di numeri?
R) Nello scenario base, lo studio prevede che si investano circa 227 miliardi di euro da oggi fino al 2020 (circa 28,3 l’anno): secondo i calcoli effettuati, l’impatto sull’occupazione (sempre al 2020) sarà di circa 1,4 milioni di occupati (rispetto al 2012, si avrebbe un incremento di oltre 173.000 unità), con un contributo al Pil pari al 5,7%. Per lo scenario “Go green”, gli investimenti complessivi previsti in economia verde sarebbero di circa 272 miliardi di euro con un aumento dei posti di lavoro di quasi 600.000 unità rispetto al 2012..
D) Qual è il messaggio principale che, secondo lei, emerge da questo studio?
R) La capacità dell’economia sostenibile di generare ricchezza: ogni milione di euro generato dalla green economy italiana produce un effetto indiretto e indotto di quasi 2,7 milioni sulla nostra economia: sono pochi i settori che vantano moltiplicatori tanto elevati…
D) Ha inviato questa ricerca ai leader dei partiti italiani?
R) Sì, a tutti. Non ottenendo alcun risultato! E nonostante la campagna elettorale sia stata giocata anche su parole chiave e concetti collegati all’ambiente. Peccato. Basterebbe guardare ad altri paesi europei che hanno puntato tutto su investimenti verdi.
D) Un esempio?
R) La Germania, l’unico Paese nel panorama europeo ad aver puntato sull’innovazione ambientale. Grazie all’apporto dei Verdi tedeschi, la Siemens è stata trasformata in una multinazionale verde ed è partita dal decommissioning dei suoi programmi nucleari per diventare capofila di un’offerta industriale di sostenibilità urbana. Pensiamo ai paesi emergenti e ai problemi sorti dal repentino sviluppo economico e dallo spostamento della popolazione dalle campagne alle città.
D) Forse, oggi, avreste maggiori chance di essere ascoltati: in questo Parlamento il M5S ha fatto della battaglia per la sostenibilità una delle chiavi di volta del proprio impegno politico…
R) È vero. Un dialogo con loro sarà inevitabile oltre che augurabile. Tra l’altro, questo studio è stato mandato anche a Beppe Grillo. E al netto del suo schema – di stampo trotskista, dunque di rivoluzione permanente – credo che ci sia nel Movimento Cinque Stelle molta gente preparata su questi temi.
D) Prossime tappe?
R) Pensiamo di fare, all’inizio di aprile una riunione tecnica con gli operatori economici, sociali, del mondo produttivo che, invece, hanno risposto positivamente al nostro invito. E poi vorrei organizzare una riunione più politica per questa nuova legislatura, in assoluta trasparenza. Noi mettiamo a disposizione di tutti uno strumento, che è di conoscenza ma anche operativo.
D) Quali pensa siano, ad esempio rispetto all’azione dei Verdi tedeschi, i limiti politici dei Verdi italiani?
R) Sono totalmente speculari ai cugini teutonici: mancano di una visione Paese, sono molto schierati, mentre il tema ambientale è per eccellenza un tema trasversale. Spesso, arroccati su posizioni un po’ auto-ghettizzanti.
D) Quali sono secondo lei gli interventi più urgenti che il nuovo governo non dovrà rimandare, in ambito di politiche ambientali e green economy?
R) I due comparti cruciali sono trasporti ed edilizia. Rispetto al primo, investendo nelle auto elettriche, nel rinnovo dei veicoli del trasporto pubblico, nuovi meccanismi di regolazione del traffico urbano. L’edilizia, il settore considerato come primo nemico dell’ambiente, può diventare amico se partisse da subito una battaglia politica che metta al primo posto investimenti verdi in questo settore: progettare edifici a emissioni zero, sia nell’edilizia privata che in quella pubblica, allora – al 2020 – avremo uno scenario occupazionale diverso. Poi dovremmo anche recuperare la componente delle bonifiche: per le aree industriali inquinate, occasione di lavoro durante la fase di bonifica, e poi di ricostruzione e rilancio su cui orientare risorse anche europee.
D) Ultima domanda: a sorpresa il nuovo Papa ha scelto di chiamarsi Francesco, come il Santo protettore degli ecologisti…
R) Meravigliosa la scelta del nome, quello del più umile dei Santi. La Chiesa certo non incoraggiò, allora, la sua rivoluzione evangelica. Oggi, i cristiani pregano per lui. E i non credenti hanno una speranza in più.
Ilaria Donatio