Torino Spiritualità: lo spreco di cibo non è solo questione di coscienza
Quanto cibo distruggiamo, sprechiamo, buttiamo? Abbastanza per poter sfamare, se volessimo, il doppio della popolazione che muore di fame nel mondo. Secondo i dati Fao, se tutti i paesi ricchi producessero cibo in misura non superiore al 130% del fabbisogno, con quello che si risparmierebbe potrebbero nutrire addirittura 22 volte in più chi è povero e soffre di indigenza. Cioè, nell’intero globo, più di 1 miliardo di persone.
Lo spreco del cibo è stato uno dei punti chiave della sesta edizione di Torino Spiritualità, il festival dal tema “Gratis. Il fascino delle nostre mani vuote”, che si è chiuso ieri, registrando un grande successo di pubblico agli incontri, agli spettacoli, ma soprattutto in occasione della grande cena collettiva per 1.000 persone, organizzata sabato 25 in piazza Carignano.
Nella sezione “Economia al di là del profitto”, il tema della gratuità è stato l’occasione per ragionare su un sistema di sviluppo, come quello attuale, che ha completamente dimenticato il concetto di dono. Isolati in dinamiche che hanno il profitto come unico collante delle relazioni sociali, l’uomo occidentale dimentica spesso l’importanza dello scambio, in cui ciascuno diventa virtualmente “parte” di qualcun altro.
Eppure – questo il vero messaggio del festival – ripensare gli sprechi non è semplicemente un gesto altruistico. Può diventare una preziosa fonte di profitto per le aziende stesse. Ad esempio quelle alimentari. Supermercati, iperstore, fabbriche del gusto, la soluzione per risparmiare c’è: tagliare sui costi di smaltimento dei rifiuti. Come? Ridistribuendo il cibo in eccedenza a quei consumatori “di serie B” che nei grandi magazzini non hanno i soldi per entrare: i poveri.
E’ la tesi, ampiamente illustrata nel corso dei cinque giorni della manifestazione, dalla triade dell’attivismo contro lo spreco del cibo: Carlo Petrini, patron di Slow Food e fondatore di Terra Madre, il professore e preside della Facoltà di Agraria all’Università di Bologna Andrea Segrè e l’accademico inglese Tristram Stuart, ospite d’onore della kermesse. Sabato pomeriggio, in un dialogo dal titolo “Saper (s)cambiare”, i relatori si sono interrogati sulle ragioni del continuo aumento dei prezzi dei generi alimentari in Europa e America. Secondo la tesi emersa, questa è una malattia cronica per il nostro sistema economico, drogato dalla convinzione che la produzione del cibo per il mercato alimentare non possa fare a meno di un altrettanto colossale spreco. Un esempio concreto per tutti: “Guardate questa confezione di pane – ha detto Stuart mostrando un noto prodotto industriale. “Le fette sono perfette, tonde, tutte uguali. Sapete quante se ne buttano per ottenere questo risultato? Tredicimila mila in un anno. Gettate perché tagliate male, imprecise e quindi invendibili”. Con quelle 13 mila fette quanti bambini si potrebbero sfamare?
La guerra allo spreco ha dunque un legame diretto con la spiritualità: “L’essenza della spiritualità”, ricorda Petrini, ”è proprio il rispetto del lavoro, dei prodotti della madre terra. Lo stare a tavola è infatti un’esperienza di convivialità, di condivisione. La morigeratezza appartiene a tutte le civiltà del mondo. Ma noi abbiamo perso il buon gusto nello spreco. Perché non proviamo a recuperare il detto che abbiamo in casa? Esageroma nen!” (in piemontese: non esaageriamo, N.d.R.).
Una volta tanto noi italiani possiamo vantare un modello da imitare. La pizza. Il piatto più famoso nel mondo è anche quello più virtuoso, perché permette di riciclare qualunque ingrediente: ci puoi mettere davvero di tutto. Proprio a partire da questa lezione pratica di economia del cibo in cucina, il piatto forte di Torino Spiritualità è stata la grande cena collettiva. Un menù povero, in piazza Carignano, servito a 1.000 persone gratuitamente. E’ stato il secondo evento mondiale del genere: il primo a Londra, nel 2009, ideato da Stuart a Trafalgar Square per 5.000. Laggiù nevicava, ma la principale piazza della capitale si riempì “come per miracolo, di gente. Si respirava un’atmosfera unica, ed è la dimostrazione che quando fai iniziative intelligenti al risparmio, le persone si mobilitano”, ha ricordato Stuart, autore di un fortunato libro dal titolo “Sprechi”.
A Londra, come a Torino, i pasti sono stati preparati con cibo “di seconda scelta”, donato gratuitamente dagli scarti (tranquillamente commestibili) dei grandi supermercati. In questo caso, per preparare tre semplici ma gustosissime ricette (pappa al pomodoro, peperoni in agrodolce e budino al cioccolato con marmellata) sono stati usati: 150 chili di pomodori maturi, uno di pane raffermo, 40 litri di latte, 400 uova, 400 spicchi d’aglio, tutto per il primo; un quintale di peperoni, 30 chili di cacao e marmellata per il dessert. Per chi non è riuscito a entrare era prevista una mela di consolazione (ne sono state fornite 250 chili “di seconda scelta”). Al termine, raccolta ovviamente differenziata. “Anche gli avanzi della serata – dice la coordinatrice dell’evento, Sara Casiraghi – verranno ridistribuiti alla Comunità Pier Giorgio Frassati”. Tutto all’insegna del gusto, del risparmio e della solidarietà, serviti da 70 volontari di Terra Madre.
Ma se ai partecipanti non è costato niente neppure agli organizzatori è costato. “La strada che ci ha portati fin qui – dice l’organizzatrice Antonella Parigi – è quella segnata dal professor Segrè con il suo Last Minute Market”. Da 7 anni, con alcuni studenti della sua università, il pofessore ha infatti ideato un progetto di recupero della merce invenduta, ma ancora non scaduta, dai magazzini della grande distribuzione. Anzichè essere smaltito come rifiuto, il cibo in eccedenza può essere donato alle mense pubbliche o alle strutture che si occupano di assistenza. In Italia sono già 42 i negozi che hanno adottato questo sistema di organizzazione, con un doppio guadagno: economicamente, risparmiando in un anno fino a 170 tonnellate di cibo ancora buono e socialmente, attivando il circolo virtuoso della reciprocità.
Al termine della cena, la serata è proseguita al Teatro Carignano con lo spettacolo “Spr+Eco. Formule per non alimentare lo spreco”. Mattatori semiseri della scena: Massimo Cirri e lo stesso Segrè (autore di “Lezioni di Ecostile. Consumare, crescere, vivere”). Accomodati, come merci, nei carrelli della spesa, davanti a un grande teleschermo fatto a frigo, il celebre conduttore radiofonico del programma Caterpillar (Radio2) e il preside di Bologna hanno messo in scena, tra reale e surreale, quel grande rito collettivo che si consuma ogni sabato e domenica nei templi della società moderna: gli ipermercati. Tra battute e divertenti sketch, i due hanno ironizzato sulle sirene che tentano, irresistibili, il consumatore a comprare, scartare, usare poco (sempre meno del necessario) e, a cuor leggero, gettare.
“Come se fosse Natale tutti i giorni, abbiamo bisogno di sprecare, è un gesto antidepressivo. Entrare in un outlet è come partecipare a una celebrazione di massa”, dice Cirri. E mette a nudo quello che facciamo fatica ad ammettere: “Tra offerte speciali, sempre le più imperdibili e quell’euforia dell’acquisto che ci rende tutti uguali, io vado a fare la spesa con un foglietto in tasca, quattro prodotti da comprare, e torno a casa tutte le volte con 34”.
Pensiamo allo yogurt, leit motiv dello spettacolo: Quanti vasetti, in scadenza dopo pochi giorni, i supermercati mandano al macero prima del tempo? Vanno buttati, con costi di smaltimento elevati. Merce che perde il potere di vendita, ma che potrebbe essere mangiata da chi ha invece perso il potere di acquisto. Chi non ha soldi ed è costretto a frequentare le mense pubbliche per sopravvivere.
All’economia dei “cow boy”, Cirri e Segrè sostituiscono quella più sostenibile del “cosmonauta”. Attraverso il megafono del teatro sociale, lanciano (e sembrano riuscirci bene) un messaggio politico ai governi e ai singoli: risparmiamo il superfluo, prima di essere travolti dai nostri inutili rifiuti. E allora “Beati i poveri di cose e Beati i frugali”, come è stato invitato a recitare il pubblico in sala, quasi fosse in chiesa.
Letizia Tortello